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Intervista a Mariano Chicho Frumboli

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Molti dei suoi colleghi lo considerano il ballerino più originale di questi tempi. Nelle esibizioni pare ampliare il repertorio di movimenti, esprimendo fino alla massima potenza i principi di Gustavo Naveira. Al principio ricevette critiche negative ma proseguì fermamente col suo stile. Stabilitosi in Francia, Mariano “Chicho” Frúmboli è riconosciuto quasi unanimemente per la sua creatività. In una delle sue visite a Buenos Aires abbiamo intrapreso il seguente dialogo.

Come sei approdato al tango?
Nel ’94, mentre studiavo teatro, una compagna che ballava tango mi chiese di prendere lezioni con lei. Le risposi di no, perchè a me il tango non piaceva. Suonavo la batteria, ero più un rocker. Alla fine, visto che si arrabbiò, le dissi di si, ci andai e da quel giorno non ho più potuto smettere.

Perchè non hai mai partecipato a nessuno spettacolo delle grandi compagnie?
Ciò che si fa nei grandi show posso osservarlo e divertirmi ma non è qualcosa che desideri fare. Mi sento più ballerino da pista. La mia carriera è costruita su qualcosa di più intimo, più da milonga.

Eppure il tuo è un ballo piuttosto spettacolare.
Può essere, si, ma sono estetiche distinte. Senza volerlo, credo che il mio ballo abbia cambiato l’estetica del tango, dal punto di vista sia dell’immagine che del movimento. Quando iniziai quello che si vedeva di più in milonga erano alunni che riproducevano gli stili dei loro maestri. L’unica cosa che feci fu quella di sentirmi un po’ più libero di ballare. Imparai molto di ciò che so nelle milonghe, molto più lì di ciò che ho avuto dai maestri. Ci andavo da lunedì a domenica senza sosta.

Cos’è il Tango Nuevo?
Sono io che lo chiedo a voi… Se non lo sapete voi, siamo nei pasticci. (sorride) No, prima di tutto è una questione di marketing, come succede con “la nuova generazione del tango”, di cui si parla all’estero. Dopo di che, credo che sia valido più per la musica che per il ballo. Mi mettono in relazione con le band elettroniche, forse per il tipo di ballo che faccio. Ma al di là del fatto che conosco molti dei musicisti che suonano in questi gruppi, non mi sento tanto identificato con questa musica quanto invece con Troilo, Pugliese o D’Arienzo.

Nelle tue esibizioni usi musiche molto differenti tra di loro. Su che basi le scegli?
Nelle esibizioni scegliamo la musica 10 minuti prima di ballare, secondo il nostro stato d’animo e secondo l’atmosfera del posto. Cioè improvvisiamo, non seguiamo nessuna coreografia preparata. Questo lo imparai da Gustavo (Naveira). L’improvvisazione da cose che non si riescono a dare se le si prepara e ti fa stare molto più desto in ogni senso. Queste variazioni che si ascoltano nella musica esistono perchè, per me, il tango dovrebbe ballarsi in molte maniere diverse e non in un solo modo, come accade oggi. Dovrebbero esserci interpretazioni distinte perchè musicalmente il tango è molto ricco. Io sono musicista, e quindi vedere gente che non balla a tempo è qualcosa che non posso capire. Tantomeno posso comprendere si possa ballare come in una specie di boccia che va, senza nessun tipo di vita interiore.

Movimento senza sentimento?
Si, si è un po’ persa l’essenza tanguera. Oltre a ciò c’è molta gente giovane che si sente identificata con il mio ballo, per me è chiaro che ballo tango a tutto tondo. Non so se la gente lo capisca, perciò proseguono con l’immagine poco ortodossa.

Come si possono moltiplicare le potenzialità del ballo?
Tutto ciò che so sulla struttura della danza lo imparai con Gustavo Naveira. Lui è colui che scoprì il cammino che apre la strada al tango. Le possibilità di creazione ed evoluzione della danza hanno a che vedere con la comprensione assoluta di ciò che succede mentre mi muovo. Anticamente succedeva che l’uomo sacaba un passo e la dama doveva affrettarsi come poteva e, altrimenti, l’uomo le diceva direttamente “Bene, qui fai gancio, qui fai boleo, etc.” o le marcava gli ochos di polso, rompendo il braccio alla donna. La relazione tra l’uomo e la donne è ora molto più comuinicativa.

Oggi comunque si percepisce molto più gioco fra i ballerini.
Si, però ciò che accade è che il gioco ti può portare da qualsiasi parte. Alcuni dei ballerini più giovani giocano e sperimentano ma a volte perdono l’essenza. Credo che ognuno possa giocare ma a partire dalla conoscenza.

E qual’è questa essenza?
Una connessione molto forte che deve esserci tra l’uomo e la donna nel ballare tango. Oggi la gente impara due o tre passi e se ne va a ballare. Ora sembro un milonguero fanatico, no? Però mi pare che ballare sia pensare a come conquistare una donna, a percepirne le vibrazioni, a quanto pesi, a che profumo abbia, a come ti tenga la mano, se tremi, se sudi. Questo cerimoniale del ballo implica codici che possono essere meno rigidi ma che dovrebbero continuare ad esistere. C’è molta gente giovane che non ha rispetto per il ballo dei vecchi. Noi stiamo ballando grazie al fatto che questa gente è esistita, è una catena.

Nelle tue dichiarazioni parli di simmetria e di cambio di ruoli.
Ciò deriva da momenti che abbiamo condiviso con Gustavo (Naveira) e Fabián (Salas). La mia esperienza come giocatore di hockey su ghiaccio mi ha aiutato molto ad estendere il concetto. Simmetria è come chiamiamo l’alternativa di fare tutto ciò che facciamo da un lato e dall’altro. Tutto si può riformulare, l’unica cosa che non cambia è il tipo di abbraccio.

Come si insegna ad improvvisare?
Abbiamo diversi elementi, che si chiamino boleos, salti, ganci, paradas, barridas, colgadas, volcadas. Quattro di questi elementi combinati in un certo ordine formano una sequenza. Ma per poter giocare liberamente devo conoscere alla perfezione questi quattro elementi.

Quanto sociale è il ballo che insegni?
E’ tanto sociale quanto lo permette la milonga. Sta a ciascuno decidere come ballare. Quando vado in un posto dove ballano diversamente da me non mi metto ad eseguire ganci, boleos e salti da tutte le parti, mi adatto alla milonga. Ed allo stesso modo in ogni milonga varia lo spazio disponibile da un giorno all’altro e da un lato della pista all’altro. Quello che insegno è tango, quello che voi incontrate da allora in poi è il vostro percorso. Ci sono alunni che dopo aver imparato una sequenza vengono e dicono: “Guarda, Chicho, così funziona lo stesso”. Ed io gli rispondo: “Benissimo, pazzesco, sto imparando da voi”.

Ballare tango è l’argentinità al massimo grado?
Assolutamente. Ti collega alla storia ed alla cultura argentina. Ballando tango me trasporto in epoche che non ho vissuto. E’ una questione di sangue, penso. Quanto più sono lontano, tanto più tango ascolto e mi ci aggrappo. Penso che il momento di successo che sta attraversando il tango sia un fenomeno sociale universale. E’ un momento in cui a causa di internet e dei telefoni cellulari, c’è molta solitudine e mancanza di comunicazione fisica con l’ltro. I balli di coppia, ma soprattutto il tango per il suo grado di complicità con l’altro e con la musica, risultano di molta attrattiva. Allo stesso modo anche l’ambiente, perchè si arriva alla milonga e ci si sente parte di qualcosa.

Cosa provi in generale quando entri in una milonga?
La milonga è molto cambiata. Prima quando si entrava in milonga bisognava avere un certo tipo di abito, di camicia, di scarpe. Oggi, per fortuna, ognuno va come gli pare. D’altro canto, sento che esiste un gran salto generazionale, tanto nella danza quanto nella musica, a causa di questi 30 e più anni in cui il tango è stato accantonato. Nella milonga si vede gente fino ai 30 anni o poco più o gente di 60. Credo sarebbe necessario un modo più contemporaneo di codificare il tango. Ad esempio, io quasi mai faccio il cabeceo ad una ragazza. Primo perchè non ballo molto nelle milonghe, salvo con alcune amiche. E poi perchè preferisco avvicinarmi al tavolo ed invitarla.

E ti rifiutano?
Al principio, mi hanno detto di no molte volte.

Così i nostri lettori si consolano…
Si, certo che mi hanno rifiutato. Qualche mese fa, senza andare troppo lontano, in una milonga di Parigi ho invitato una dama che ballave molto bene contemporaneo e mi ha risposto: “No, no, grazie” e me ne sono andato pensando “Oh, com’è brutta questa cosa”, perchè non mi ricordavo com’era.

Qualche volta hai dichiarato che per i nordamericani è più difficile capire il tango rispetto agli europei. Perchè pensi che questo accada?
In Europa c’è una storia ed un mondo artistico molto più importante. Gli Stati Uniti sono un paese più nuovo, hanno una storia più debole di quella europea. Comunque non vorrei essere eccessivamente critico.

Non vuoi avere problemi con “il grande paese del nord”?
(sorride) No, non è questo. Tuttavia penso sia una questione di tempi. Se comprenderanno la parte sociale e culturale del tango che è molto profonda, allora comprenderanno anche il tango.

Verso dove si evolve il tango ballato?
Non lo so, so che va da qualche parte. E’ bello ciò che sta succedendo, il fatto di trovare e scoprire nuove forme. Tutto ciò porta in un posto che non conosco. Io preferirei che mantenesse l’essenza tanguera, che non si trasformasse in un ibrido. Mi piacerebbe che le forme evolvessero mantenendo il vincolo tra i cuori, che si relaziona con l’identità e con la storia.

E tu dove vai?
Io vado sempre alla ricerca della soddisfazione. Nella mia vida ho cercato di fare ciò che mi da piacere. Oggi per me la cosa più piacevole è ballare, ma allo stesso tempo scoprire e creare.

Cosa ti piace fare nel suo tempo libero?
Fare musica al computer e disegnare.

Se camminassi su una strada che si divide in due percorsi per il destino, ma uno è conosciuto e l’altro no, quale sceglieresti?
Mi inoltrerei un po’ in quello sconosciuto, a vedere cosa capita.

Ritmo o melodia?
Entrambe.

A cosa pensi la mattina appena alzato?
Al tempo che mi rimane da vivere. A non perdere tempo.

Cosa ti diverte?
Stare con gli amici. Stando da solo mi posso divertire vedendo un film di Jerry Lewis o Cha Cha Cha, il programma di Alfredo Casero.

Cosa non sopporti?
Perdere tempo, per questo cerco di evitare che accada.

Di cosa hai paura?
Di molte cose, ma sono molto contradditorie e personali. Ho paura della routine, per esempio, o che si esauriscano le idee.

Un film?
Il Cuoco, il Ladro, sua Moglie e l’Amante di Peter Greenaway.

Un libro?
Non leggo molto, ma i libri che mi piaciono molto sono quelli di Quino.

Luogo preferito per le vacanze?
Qualunque posto tranquillo e con il mare.

Sei religioso?
Si, ma solo della mia religione.

River o Boca?
Huracán.

Un motivo di orgoglio?
Mi sento molto orgoglioso di ciò che sono, per quanto possa suonare arrogante. Ciò che sono oggi è frutto di molta sofferenza passata.

Cosa ti piacerebbe essere da grande?
Un buon padre.